Educare alla produzione digitale per valutare le conseguenze delle proprie azioni online: è questo il messaggio che arriva dall’incontro intitolato “(S)parlare nei social web: la sfida della cittadinanza digitale”, che Stefano Pasta del centro di ricerca Cremit, dell’Università Cattolica di Milano, ha tenuto all’università Giustino Fortunato di Benevento. Organizzato dalla commissione Orientamento e Placement dell’Unifortunato, l’evento fa parte del Percorso Agenda 2030 e Competenze digitali.
“Nella lingua italiana – ha detto Pasta – si usa l’espressione virtuale contrapposta a reale come se ci fossero due mondi paralleli che non si incontrano, segnati da logiche differenti. Online e offline hanno evidentemente delle logiche differenti, ma in realtà reale e virtuale sono collegati. Lo spazio virtuale è uno spazio di realtà aumentata. Siamo dunque esseri umani definitivamente connessi, in una dimensione in cui offline e online non sono due dimensioni distinte ma si compenetrano: onlife, secondo l’efficace espressione di Luciano Floridi, giocando con i termini online e offline”. Oggi il web 2.0, ossia il web sociale, secondo l’esperto, è entrato nelle nostre vite, nel cellulare ed è uno spazio di realtà aumentata”. In merito si possono citare molti esempi: “La guerra si combatte sul terreno ma anche sul campo digitale, c’è la cyberguerra. Gli esperti di sociologia della famiglia verificano che le coppie che si sposano, molto spesso, si conoscono online. Quando ragioniamo sulla didattica possiamo dire che in classe c’è la didattica offline e poi al pomeriggio la scuola continua nel social web”. Tutto questo è una premessa che, per Pasta “ci dice che non stiamo parlando di un mondo parallelo, ma di un mondo che ha le sue specificità che sono in connessione con il mondo offline”.
Specifico del Web – e dei social in particolare – è, inoltre, “che l’utente diventa creatore di contenuti. Questo cambiamento presenta rischi e potenzialità: può essere utilizzato per produrre odio online, fake news, ma al contrario anche forme partecipate di giornalismo, attivismo, contenuti creativi”. Insomma, ha osservato Pasta “non serve dividerci tra apocalittici e integrati, tra chi rileva solo gli effetti negativi della rete e chi ne vede solo quelli entusiasmanti, citando un’espressione di Umberto Eco del 1964, quando il dibattito era relativo alle trasformazioni introdotte dalla televisione che entrava nelle case degli italiani”. La via, allora come oggi, ha concluso “è l’educazione: con lo schermo televisivo la risposta fu educare al pensiero critico. Con lo smartphone in mano, questo è solo metà dell’opera. Adesso è necessario educare alla responsabilità di ciò che si produce, cioè educare a valutare le conseguenze delle proprie azioni online”.