Una tecnologia basata su un computer portatile e un sensore posizionato sul palmo della mano ha permesso a cinque adolescenti con lesioni cerebrali, acquisite dopo uno stato di coma, di comunicare efficacemente con gli altri, di dedicarsi ad attività ricreative, come ascoltare musica o vedere un video e di migliorare le opportunità di apprendimento in maniera autonoma. Lo ha dimostrato la ricerca pubblicata sulla rivista Developmental Neurorehabilitation dal gruppo dell’Università Giustino Fortunato di Benevento, coordinato dal professor Fabrizio Stasolla e di cui fa parte anche la professoressa Sara Bottiroli che lavora anche all’IRCCS Fondazione Mondino di Pavia. Allo studio hanno preso parte anche Alessandro Caffò dell’Università Aldo Moro di Bari e Donatella Ciarmoli dell’Unifortunato.
Le persone che escono dal coma e che hanno subito lesioni cerebrali traumatiche hanno molte difficoltà ad affrontare le attività quotidiane e potrebbero aver bisogno di programmi riabilitativi individualizzati, per promuovere l’autodeterminazione e l’indipendenza, utili a migliorare la qualità della loro vita. Per questo, lo studio ha voluto verificare se l’uso delle tecnologie assistive, ossia strumentazioni e soluzioni tecniche, come hardware e software, può sopperire alle difficoltà e permettere un maggior margine di autonomia, migliorando la vita sociale, il processo di apprendimento e, in questo caso, di rendimento scolastico.
Lo studio, che è durato complessivamente otto mesi, ha coinvolto cinque adolescenti e cinquanta valutatori esterni.
La sperimentazione è stata eseguita presso i centri riabilitativi di Bari e Provincia, in particolare RSSA e Policlinico, e si è basata su un computer portatile con software adattato, un’interfaccia e un sensore a sfioramento/contatto/pressione fissato sul palmo della mano dei partecipanti.
La fase difollow-up, invece, è stata eseguita presso il domicilio dei partecipanti, a 6 mesi di distanza dalla fine dell’intervento.
Durante le sessioni di lavoro i partecipanti potevano: accedere a brevi attività didattiche, come leggere, ascoltare un breve racconto, oppure eseguire semplici operazioni aritmetiche quali somme e sottrazioni; richiedere l’interazione con un genitore oppure un operatore per soddisfare bisogni primari (per esempio ricevere snack oppure bevande gradite), e/o ludico-ricreativi, come ascoltare musica oppure vedere un breve video; scrivere su un foglio word attraverso un emulatore di tastiera.
Dalla ricerca è emerso che, “la tecnologia, a supporto degli adolescenti con lesioni cerebrali traumatiche emergenti dallo stato di minima coscienza, ha favorito le loro opportunità di comunicazione, occupazione e/o tempo libero/ricreative, enfatizzando il loro ruolo attivo, l’impegno costruttivo e la loro partecipazione positiva. I partecipanti hanno inoltre consolidato l’apprendimento nel tempo” ha spiegato il prof. Stasolla, associato di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione e responsabile del Corso di Studi della Laurea Magistrale in Psicologia Comportamentale e Cognitiva Applicata dell’Unifortunato. “Questi aspetti evidenziano – ha aggiunto – come la tecnologia possa essere particolarmente utile in casi di lesioni cerebrali acquisite per pazienti con esiti di post-coma grave in stato di emergenza dalla minima coscienza, facilitando l’acquisizione della consapevolezza e il contatto con il mondo esterno da parte di questi pazienti“.