Il coronavirus potrebbe causare disturbi mentali, ricerca del professor Luca Steardo

Il coronavirus potrebbe causare disturbi mentali per questo gli esperti suggeriscono una più attenta osservazione delle persone con storia di contagio, sulla comparsa di possibili alterazioni comportamentali, e propongono la possibilità di allestire specifici registri in futuro. “Tutto ciò, ribadendo che questo non deve assolutamente indurre eccessive preoccupazioni né inutili allarmismi” osserva il neuropsichiatra, professor Luca Steardo dell’Università Sapienza di Roma e dell’Università Giustino Fortunato di Benevento, che da quando è cominciata la pandemia sta studiando la capacità di penetrazione nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) del virus SARS COV 2 e i relativi possibili effetti. Fra i suoi ultimi risultati vi è un importante articolo scientifico pubblicato sulla prestigiosa rivista Translational Psychiatry del gruppo Nature, a firma del professor Steardo, del professor Alexei Verkhratsky, dell’università di Manchester, e dal professor Luca Steardo Jr., dell’università Magna Graecia di  Catanzaro, secondo il quale il virus SARS COV 2 potrebbe  essere responsabile della comparsa o del peggioramento di un considerevole numero di disturbi mentali, quali depressione maggiore, psicosi, disturbo bipolare, disturbi cognitivi, disturbo ossessivo-compulsivo e disturbo post-traumatico da stress, epilessia, per citarne alcuni, a seguito di processi di neuroinfiammazione innescati dalla malattia e aggravati dalle   condizioni di stress indotto dalle particolari condizioni di vita, e dal grave timore di contrarre l’infezione.

Da allora ad oggi cosa può dirci?

Fummo i primi nel marzo scorso con un articolo pubblicato su di una rivista scandinava molto autorevole a richiamare l’attenzione del mondo scientifico sulla capacità di penetrazione nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) del virus responsabile della pandemia. Successivamente con il lavoro cui fa riferimento intendemmo indicare con maggiore precisione gli effettivi rischi per la salute mentale e i possibili meccanismi responsabili, nell’intento di allertare il mondo della neurologia e della psichiatria clinica circa la possibilità di comparsa o di peggioramento di disturbi neuropsichiatrici in soggetti contagiati dal nuovo coronavirus, anche se pauci-sintomatici. Purtroppo un numero di segnalazioni sembrano supportare quanto avevamo anticipato” rileva il prof. Steardo.

La nostra idea – spiega il prof. Steardo – è che anche in  quei soggetti che non abbiano avuto  gravi sintomi COVID-19, ma che esibiscono una particolare risposta immunitaria individuale, sulla base di fattori genetici ed epigenetici, in essi , il rilascio di chemochine e citochine e l’attivazione di cellule gliali, di cellule monocitarie e di mastociti induca processi neuroinfiammatori, capaci nel tempo  di scompaginare le connessioni nervose, far degenerare i neuroni, scompaginando così  la fine organizzazione morfologica e funzionale di alcune  aree  del SNC”. D’altra parte va anche rimarcato che “che la malattia COVID-19 è caratterizzata da una significativa infiammazione periferica e che molte malattie nervose e mentali, sembrano correlarsi a condizioni infiammatorie periferiche.”

Ma questo apre scenari del tutto nuovi? 

Non ne sono così certo. Difatti bisogna ricordare che pandemie del passato, come la Spagnola, ma anche le più recenti e meno gravi epidemie di Mers e Sars 1, sono state caratterizzate dall’insorgenza a distanza di una vasta gamma di disturbi neuropsichiatrici in seguito all’infezione. Per questo suggeriamo una più attenta osservazione circa la comparsa di possibili alterazioni comportamentali in soggetti con storia di contagio, e, se necessario, la possibilità di allestire   specifici registri in futuro.

Tutto ciò viene detto ribadendo che questo non deve assolutamente indurre eccessive preoccupazioni né inutili allarmismi. Difatti va rimarcato che nella condizione attuale è obbligo per ogni studioso non alimentare   dannosi pessimismi, ma esporre le proprie convinzioni con misurato equilibrio dopo averle sottoposte ad una serena disamina critica. La comunicazione deve avere toni pacati e discreti, le informazioni debbono essere ponderate e mai ambigue, altrimenti possono provocare dannose condizioni di stress. Difatti generare eccessive apprensioni non giova a nessuno tanto più che è noto che   condizioni prolungate di stress alterano le difese immunitarie rendendoci tutti più vulnerabili alle malattie.

 

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